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Comitato salute Vco: no a derive secessioniste

Il Comitato salute Vco, dirama una nota in cui esprime preoccupazione per il clima generatosi dopo la manifestazione ossolana di sabato e le possibili derive secessioniste.

Verbania
Comitato salute Vco: no a derive secessioniste
Siamo consci che ci vuole una bella dose di coraggio a intervenire su quanto è successo sabato 14 febbraio 2014 a Domodossola; ma, poiché nessuno ha voluto ragionare con la testa (politici presenti compresi), ci prendiamo l'onere per cercare di riportare nei binari della sensatezza una situazione che ha imboccato la strada della follia.

Premettiamo che non si può che essere ammirati dalla sensibilità e dalla partecipazione della cittadinanza ad una manifestazione di piazza di tale portata.

Quello che stupisce è che i politici presenti l'hanno indirizzata a difesa della "ridotta ossolana", quasi che i servizi che si dichiara voler difendere valgano solo per quel territorio. Gli altri non esistono.

Emblematica la richiesta del Sindaco di Domo:" il San Biagio diventi ospedale provinciale." E Verbania? Chissenefrega! Affari loro.

Da questa follia, nessuno ha preso le distanze.

Si rischia una deriva secessionista, costruita con i soldi dei cittadini anche non ossolani, i quali (facciamo sommessamente osservare) hanno diritto pure loro a disporre di servizi efficienti, o no?

Si può cercare di vincere per sé, calpestando i diritti degli altri?

Noi, in tempi non sospetti, abbiamo vinto INSIEME al Comitato S. Biagio la battaglia contro l'Ospedale unico di Piedimulera, facendo della "pari dignità" degli ospedali di Domo e Verbania la nostra bandiera.

Quel progetto sciagurato prevedeva di finanziarsi con la vendita preventiva del S. Biagio per 21,7 milioni di euro; chi ne volesse conferma vada a leggersi la relazione dell'Aress "Proposta tecnico-funzionale e finanziaria" (D.G.R. n° 110-4648 del 26-11-2001), relativa a quel progetto.

INSIEME abbiamo sconfitto la volontà di eliminare il San Biagio.

Adesso, questo concetto non vale più. Cancellato. Esiste solo il San Biagio.

La follia di questa proposta sta nel pretendere di avere servizi di una certa importanza a disposizione di un bacino di utenza che non ne giustifica certo i costi di gestione.

Ciò significa votarli al fallimento. Surreale!

Nessuno accetterà di intraprendere un viaggio ai confini della provincia per curarsi, con il pericolo poi di dover ricorrere ad altri centri ancora più lontani.

C'è anche da chiedersi chi, fra i medici specialistici, accetti di lavorare in strutture che, per frequenza di interventi, non garantiscano non solo di fare esperienza, ma anche di mantenere la propria efficienza professionale. E allora? Il S. Biagio sarà destinato a chiudere o a ridursi al lumicino!

Battersi per migliorare e arricchire i servizi è sacrosanto, quando l'utenza ne giustifica l'esistenza, e il nostro territorio montano nel suo complesso li può e li deve rivendicare. INSIEME.

Se per ipotesi a Verbania fossero stati attivi alcuni servizi "salvavita" che hanno costretto un trasferimento da Domo a Vercelli, si può ragionevolmente ipotizzare che l'epilogo di certe situazioni assai critiche sarebbe stato forse diverso.

Ma si sa, nominare Verbania a qualcuno fa venire l'orticaria.

Se la ragione non prevale, se i politici non rinsaviscono e non tornano con i piedi per terra per prendere decisioni pragmatiche, non se ne uscirà.

Il risultato finale sarà che, da qualunque parte del territorio, a fronte di seri problemi, si continuerà a ricorrere a Novara o a Vercelli, sperando nella nostra buona stella, con buona pace di coloro che inseguono chimere.



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