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LegalNews: Alienazione di immobili a familiari e presunzione di donazione

La Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 6674/2016 ha affrontato il tema dell’applicazione della presunzione di gratuità delle cessioni di immobili a familiari operate nell’ambito di un’attività d’impresa.

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LegalNews: Alienazione di immobili a familiari e presunzione di donazione
Come noto, l’art. 26 co. I del T.U.I.R. (Testo Unico delle imposte sui redditi, D.P.R. n. 131/1986) prevede che i trasferimenti immobiliari posti in essere tra coniugi oppure tra parenti in linea retta si presumono donazioni se l'ammontare complessivo dell'imposta di registro e di ogni altra imposta dovuta per il trasferimento, anche se richiesta successivamente alla registrazione, risulta inferiore a quello delle imposte applicabili in caso di trasferimento a titolo gratuito, al netto delle detrazioni spettanti.

Il Legislatore, dunque, per combattere il fenomeno delle donazioni “mascherate” da atti a titolo oneroso con finalità di elusione fiscale, ha introdotto una presunzione di gratuità di tutti i trasferimenti immobiliari operati a favore di familiari: in tal modo, non spetta al Fisco provare la gratuità del trasferimento, bensì agli interessati – che hanno posto in essere il trasferimento – provare l’onerosità del trasferimento, dimostrando che il prezzo è stato effettivamente pagato.

Nel caso di specie un imprenditore aveva ceduto alla moglie ed alla figlia alcuni immobili assoggettando il trasferimento all’IVA, in quanto i trasferimenti erano stati operati nell’esercizio della sua attività imprenditoriale. Sul punto si ricorda come l’assoggettabilità all’IVA risulti alternativa rispetto all’applicazione dell’imposta proporzionale di registro applicata sui trasferimenti a titolo gratuito. Nel caso in cui il regime IVA risulti conveniente rispetto a quello applicato alle donazioni, dunque, si comprende che gli interessati potrebbero essere tentati di operare in campo IVA per conseguire un risparmio fiscale.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, affermando che nel caso in esame si applica la presunzione di gratuità sopra esposta, pur se si tratta di trasferimenti operati nell’ambito di un’attività imprenditoriale e, quindi, assoggettati all’IVA; tale presunzione, peraltro, può essere vinta solo attraverso la prova contraria, fornita con qualsiasi mezzo, che deve essere data dal contribuente. Nel caso di specie, però, gli interessati non avevano fornito la detta prova contraria, consistente nell'effettivo pagamento del corrispettivo, con la conseguenza che i trasferimenti si presumono a titolo gratuito e quindi non assoggettabili ad IVA, bensì all’imposta proporzionale di registro, nel caso concreto più elevata.

Avv. Mattia Tacchini
www.novastudia.com



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