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LegalNews: Mutamento delle mansioni affidate al dirigente e recesso con indennità di preavviso

La Cassazione con la sentenza n. 22938/2016 ha trattato il tema del mutamento delle mansioni affidate ad un dirigente in corso di contratto di lavoro nonché delle conseguenze di tale operazione ai sensi dell’art. 24 del CCNL dei dirigenti del settore terziario.

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LegalNews: Mutamento delle mansioni affidate al dirigente e recesso con indennità di preavviso
Come noto, ai sensi dell’art. 1 del CCNL dei dirigenti del settore terziario sono dirigenti coloro che - rispondendo direttamente all'imprenditore o ad altro dirigente a ciò espressamente delegato - svolgono funzioni aziendali caratterizzate da un elevato grado di professionalità, con ampia autonomia, discrezionalità e iniziativa, nonché col potere di imprimere direttive a tutta l'impresa o ad una sua parte autonoma. La qualifica di dirigente comporta inoltre la partecipazione e la collaborazione, con la responsabilità inerente al proprio ruolo, all'attività diretta a conseguire l'interesse dell'impresa.

Come desumibile dalla definizione sopra formulata, il dirigente – pur essendo un lavoratore subordinato – si caratterizza per l’elevata autonomia delle mansioni attribuite, tipicamente riconnesse a funzioni direttive dell’intera impresa oppure di una parte di essa dotata di autonomia, da esercitarsi con discrezionalità e potere di iniziativa. Tale figura, perciò, è identificata proprio sulla base delle funzioni svolte in seno all’azienda: la centralità della professionalità che il dirigente deve possedere ai fini dello svolgimento delle proprie funzioni è tale che il CCNL applicabile appronta delle particolari tutele a salvaguardia della natura delle mansioni ad esso affidate, che devono essere sempre coerenti con il ruolo che esso svolge in azienda.

In tale ottica l’art. 24 del CCNL espressamente sancisce che il dirigente il quale, a seguito di mutamento delle proprie mansioni sostanzialmente incidente sulla sua posizione, risolva - entro sessanta giorni - il rapporto di lavoro, ha diritto, oltre al trattamento di fine rapporto, anche all'indennità sostitutiva del preavviso di cui all’art. 39 co. V del medesimo CCNL, di durata compresa tra sei e dodici mesi a seconda dell’anzianità del dirigente.

Il caso in esame rientra proprio nell’ambito di applicazione della disciplina sopra illustrata: una dirigente veniva sollevata – con delibera del consiglio di amministrazione dell’azienda - dall'incarico di Direttore di Staff per l'area Personale ed Organizzazione, con attribuzione di quello di Segretario Generale Organi Societari; ciò comportava la perdita, rilevabile a prescindere dal contenuto delle mansioni proprie dei distinti ruoli, della partecipazione al governo dell'organizzazione imprenditoriale, della professionalità specifica e dei poteri di rappresentanza che vi erano connessi. La dirigente recedeva perciò dal rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 24 CCNL dirigenti del terziario chiedendo la corresponsione del TFR e dell’indennità sostitutiva del preavviso. La dirigente, vedendosi rifiutata la corresponsione di quanto richiesto, agiva perciò in giudizio. Sia in primo che in secondo grado venivano accolte in toto le richieste della ricorrente; la società resistente, non ritenendo dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso, ricorreva perciò per cassazione.

La Suprema Corte, investita della questione della determinazione dei criteri per accertare se vi fosse stato nel caso di specie un mutamento di mansioni incidente sulla posizione della dirigente, ha preso le mosse dal rilievo secondo il quale tale valutazione può addirittura prescindere dal contenuto delle mansioni assegnate in alternativa a quelle in precedenza svolte, anche se generalmente in casi di applicazione dell’art. 24 del CCNL dirigenti del terziario si verifica un sostanziale mutamento dei compiti affidati al lavoratore, per estendersi alla considerazione della più complessiva valenza dei distinti ruoli rivestiti all’interno dell'organizzazione aziendale.

Nel caso in oggetto, peraltro, le mansioni affidate alla dirigente si differenziavano sotto il profilo della consistenza e della rilevanza di compiti, poteri e responsabilità propri di ciascuno di quei ruoli. Le mansioni inizialmente affidate si sostanziavano nella gestione operativa in posizione di vertice di una specifica funzione aziendale strutturata in una pluralità di uffici e addetti posti alle dirette dipendenze della dirigente e implicavano l'esercizio di poteri, a contenuto decisionale, di direzione, gerarchici e di rappresentanza esterna, incidenti sull'andamento generale dell'azienda. Le mansioni affidate successivamente, al contrario, comportavano un ruolo non più operativo ma di natura sostanzialmente notarile, connotato da compiti di supporto e al più di controllo della legalità dell'operato degli organi societari, riconducibili ad una figura professionale priva di responsabilità di gestione di funzioni, uffici e personale e dei relativi poteri e priva altresì di evidenza esterna, nonché di impatto sull'andamento dell'attività aziendale.

La Cassazione, perciò, ha confermato la pronuncia di secondo grado, rigettando il ricorso della società datrice di lavoro.

Avv. Mattia Tacchini
www.novastudia.com



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