Zanotti: 6 proposte per Verbania

Riportiamo dal sito verbaniasettanta.it di Claudio Zanotti, sei proposte su turismo, produttività ed economia.

  
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Sei proposte per irrobustire il tessuto produttivo di Verbania e reinterpretare quella “differenziazione” di settori economici che ha sostenuto la città per un ventennio: turismo stanziale, turismo “di lago” e di fruizione, economia “di prossimità”, attrattività cittadina e servizi socio-sanitari e riabilitativi.


Turismo stanziale.
Il settore in questi anni ha resistito, incrementando leggermente i numeri di presenze/arrivi grazie ai campeggi, molto gettonati in tempi di vacche magre. La città però dal turismo en plein-air ha ritorni molto scarsi, poichè i campeggi sono lontani dai centri abitati e sono stati “pensati” per garantire una sostanziale autosufficienza sia logistico-commerciale sia ricreativa. Ovvero, il campeggiatore lì arriva e lì rimane: per “liberarlo” e risucchiarlo in città non c’è altro che la pista ciclabile Fondotoce-Suna. Delle quattro tipologie di turismo stanziale (di fascia alta, en plein-air, di resort e alberghiera tradizionale) due a Verbania non esistono e vanno realizzate: quella di fascia alta (qualità ricettiva elevatissima e impatto ambientale/volumetrico molto basso) nell’area ex Eden, recuperando il progetto impostato nel 2008 da Comune e proprietà e poi abbandonato dai destro-leghisti, e nell’area ex Villa Poss (per le compatibilità, leggi qui, qui e qui); quella di resort nell’area ex Colonia Motta, incalzando e stanando finalmente gli eredi Gabana, che da oltre sei anni (!!) dispongono di un contratto urbanistico esecutivo per il recupero integrale dell’area e dei suoi edifici (1.000 posti-letto a regime) ma non hanno ancora fatto nulla.

Turismo di lago.
Si tratta in sostanza di una forma di “turismo di fruizione” teso alla piena valorizzazione del potenziale straordinario rappresentato dal lago e dalle sue sponde verbanesi, novaresi, varesine e ticinesi. Diventa indispensabile programmare e pianificare su un arco temporale medio-lungo una serie di interventi per riconsegnare ai turisti i 12 km di lungolago compresi tra la Riserva di Fondotoce e il Circolo Velico, lavorando a sei progetti: un percorso ciclopedonale ininterrotto e in sicurezza; un congruo numero di attracchi per imbarcazioni da diporto; un’offerta ulteriormente arricchita di spiagge e spiaggette attrezzate; un complesso di strutture ricreative (piscine, parchi a lago, punti di ristoro); la creazione di servizi ad hoc (ad esempio, bike sharing, noleggio imbarcazioni, motoscafi…); la ricostruzione del porto turistico. Presupposti indispensabili: la progressiva pedonalizzazione (parziale e totale) di tutta la fascia a lago; la riqualificazione delle pavimentazioni e dell’arredo urbano e vegetale.

Turismo culturale.
La presenza in città di importanti istituzioni e strutture culturali ed espositive (il Museo del Paesaggio con le sedi dei palazzi Viani Dugnani e Biumi Innocenti e della Casa Ceretti, l’intero complesso di Villa Giulia, Villa San Remigio, Villa Taranto, Villa Maioni, l’Archivio di Stato) reclama un sovrappiù di integrazione e di valorizzazione che potrebbe irrobustire un filone (quello appunto del turismo culturale) fermo a un livello embrionale. In questo senso appaiono ancora molto attuali le considerazioni proposte su queste pagine nel 2012 da Pier Angelo Garella, alle quali rimandiamo.

Riabilitazione socio-sanitaria.
Anche in questo caso si tratta di riprendere e portare a maturazione un’azione già avviata sul piano urbanistico dalle Amministrazioni di Centrosinistra. La qualità paesaggistica e ambientale della città e dell’area circostante costituisce un valore aggiunto straordinario per l’insediamento di strutture socio-sanitarie e riabilitative; e anche in questo caso esiste un contratto urbanistico esecutivo con l’Istituto Auxologico finalizzato alla realizzazione a Intra di un centro medico riabilitativo di 120 posti-letto alle spalle di Villa Caramora, “pianorizzando” parte dei letti di Piancavallo. Deve partire senza ulteriori indugi. Ma la presenza sul nostro territorio di alcune strutture inutilizzate o sottoutilizzate dovrebbe costituire per la futura Amministrazione un potente stimolo a “fare incontrare” proprietari degli immobili e soggetti interessati a destinazioni, come quelle socio-sanitarie e riabilitative, ad elevato impiego di manodopera qualificata.

Città attrattiva.
Verbania è (stata) una città dai molti primati, conseguiti in ambito ambientale (Ecosistema urbano, qualità dell’aria e delle acque di balneazione, aree verdi, spazi ciclopedonali) e per le buone pratiche di governo (edilizia scolastica, LiberoBus, sistema formativo, videosorveglianza, raccolta differenziata, gestione finanziaria). Dispone inoltre di due reti (per ora non integrate) di fibra ottica e dispone di una discreta copertura di connettività wi-fi in spazi pubblici. Partendo da queste precondizioni virtuose, nel Programma territoriale Integrato (PTI, 2008) e nel Programma Integrato Sviluppo Locale (PISL, 2007) è stata studiata la possibilità di rendere attrattiva la città per coloro che, svolgendo attività e professioni “immateriali” ad elevato contenuto di creatività/innovazione nella congestionata “cintura” metropolitana della Lombardia occidentale, fossero interessati a “delocalizzare” studi professionali e residenza in una città come la nostra, “a misura d’uomo”, di grande valore ambientale, con servizi pubblici di buona (e in più casi elevata) qualità e ben servita da reti (autostradali e digitali). In altre parole, lavorare “come se” si fosse a Milano o nel suo hinterland, risiedendo e operando in una città molto più vivibile. Rete autostradale, banda larga, connettività diffusa; sistema scolastico efficiente, presidi socio-sanitari e riabilitativi efficaci; servizi pubblici innovativi e qualità ambientale al top delle buone pratiche: potrebbero davvero essere questi i presupposti per alimentare un’immigrazione di professionisti di valore e di pensionati benestanti in grado di elevare la capacità di consumo e di qualificare ulteriormente sotto il profilo sociale e culturale la città.

Economia “di prossimità”.
In un quadro di ripensamento complessivo del nostro futuro, uno sguardo al passato, e cioè all’economia di territorio. Nel corso del ’900 le attività tradizionali – faticose e non remunerative - sono state quasi completamente abbandonate. Eppure la pesca, lo sfruttamento dei boschi (selvicoltura, biomasse, manutenzione di sottobosco e sentieri), l’apicoltura e l’olivicoltura, l’agricoltura di piano e di terrazzamento, la frutticoltura, l’allevamento di piccola taglia possono forse ancora ritagliarsi uno spazio “di nicchia”, in grado però di restituire identità “fondativa” alla nostra terra, di alimentare una piccola ma non insignificante “filiera” di prodotti (alimentari e non) locali e di generare un tessuto di microimprenditoria giovanile (diretta e di indotto, magari anche artigianale) da affiancare a quella ben più solida e radicata della floricoltura verbanese. Terreno vergine e difficilissimo da dissodare, ma se non ora, quando?
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