PsicoNews: Guarire un cuore spezzato

Il dolore emotivo causato dalla fine di un amore è una reale sofferenza, su basi neuro-chimiche, non molto diversa dal dolore fisico, la scienza ha scoperto che la sua riduzione può avvantaggiarsi dell’effetto placebo.

  
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Mente e corpo sono un’unità inscindibile e sempre più spesso, grazie alla nuova tecnologia di ricerca, la scienza fornisce importanti evidenze di questo.

Da ormai molti anni si conosce il grande potere dell’effetto placebo, ossia che spesso le aspettative e le motivazioni hanno un impatto sulla percezione di benessere molto più forte delle molecole farmacologiche; in sostanza, l’effetto placebo è la riduzione di una sintomatologia, in seguito all’assunzione da parte di un malato di un farmaco proposto come necessario, invece il paziente assume un placebo, una sostanza che non possiede proprietà curative (ovviamente non dannosa).

La scoperta dell’effetto placebo ha prodotto cambiamenti nella cura di alcune patologie, sfruttando questo effetto infatti si sono potenziati positivamente i risultati di riduzione della sintomatologia, senza gravare il fisico con assunzioni improprie (visto che lo stesso effetto si può ottenere con sostanze totalmente innocue).

Uno studio pubblicato nella primavera 2017 ne incrementa maggiormente l’applicabilità, utilizzando l’effetto placebo per aiutare le persone che soffrono per una delusione d’amore, un dolore emotivo. Nello studio 40 persone, che avevano subito la fine della loro storia d’amore, sono state sottoposte a fMRI (risonanza magnetica funzionale), dall’analisi è emerso che il dolore da loro provato, quando venivano mostrate fotografie dell’ex, si situava in zone cerebrali vicine a quelle tipiche del dolore fisico, dando in questo modo riconoscimento di una reale sofferenza, neuro-chimica.

A metà soggetti del gruppo venne somministrato un Placebo, uno spray nasale, dicendo che si trattava di un farmaco per diminuire la sofferenza emotiva, all’altra metà venne somministrato dicendo che si trattava di una soluzione salina; in seguito, i soggetti che avevano ricevuto il placebo confermarono di sentirsi meglio, dato convalidato dai risultati della fMRI. Quello che gli autori sottolineano è che ciò che ha funzionato nella riduzione della sofferenza sia stata l’aspettativa e la motivazione nel fare qualcosa per stare meglio, ossia farsi carico del proprio dolore e “impegnarsi” nel fare qualcosa per stare meglio, questo effetto può essere ottenuto anche senza farmaci ma attivandosi e sforzandosi nel fare le cose che ci fanno stare bene.

Buona settimana
Mara Rongo

Fonte:
Leonie Koban, Ethan Kross, Choong-Wan Woo, Luka Ruzic, Tor D. Wager. “ Frontal-Brainstem Pathways Mediating Placebo Effects on Social Rejection “. The Journal of Neuroscience, 2017; 37 (13): 3621
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