LegalNews: Auto d’epoca e capacità reddituale

La Suprema Corte con la recentissima ordinanza n. 15899 del 26.06.2017 ha ribadito il proprio orientamento in tema di presunzione di capacità reddituale derivante dalla proprietà di automobili d’epoca.

  
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Il caso esaminato dalla Cassazione è il seguente: un contribuente era destinatario di un atto impositivo mediante il quale il Fisco gli contestava di aver conseguito, nell’anno 2006, redditi superiori a quelli dichiarati fondando tale presunzione sulla incongruità di quanto dichiarato sulla base della proprietà e del possesso da parte dell’interessato di beni indici, quali immobili, autovetture, motocicli e auto storiche.

Il contribuente impugnava l’atto impositivo avanti alla competente commissione tributaria provinciale, che rigettava il suo ricorso; la commissione tributaria regionale, invece, in accoglimento del gravame dallo stesso proposto riformava parzialmente la decisione di primo grado. Più nel dettaglio, il giudice di secondo grado premetteva che l'importo di maggior rilievo era costituito dalle auto e che la vertenza era incentrata sull'importanza da attribuire a tali beni, rilevando che - tra questi - le auto storiche possedute dal contribuente non avevano un'utilizzazione quale bene produttivo di reddito ma, unicamente, valore affettivo e erano, anzi, soggette a limitazioni tali da garantirne l'uso sporadico; tali veicoli non potevano perciò essere considerati beni evidenzianti una reale manifestazione di capacità contributiva. L’Erario ricorreva perciò per cassazione.

La Suprema Corte, investita della questione, rimanendo nel solco del proprio orientamento ha sottolineato che in tema di accertamento delle imposte sul reddito, il riferimento al possesso di autovetture da parte del contribuente, contenuto nei c.d. redditometri, deve intendersi esteso anche alle auto storiche; non si rinviene nella disciplina applicabile, infatti, alcuna precisazione o restrizione al riguardo, con la conseguenza che tale circostanza costituisce un idoneo indice di capacità contributiva, considerato inoltre che notoriamente si ricollegano a tali veicoli spese di manutenzione a volte anche ingenti. Come affermato dalla Corte, infatti, non appare estraneo alla cultura dell'uomo medio il fatto che le autovetture storiche formano oggetto di ricerca e collezionismo fra gli appassionati di tali beni; la Cassazione ha proseguito ricordando che per tale tipologia di mezzi esiste un particolare mercato e che la manutenzione di veicoli ormai da tempo fuori produzione comporta rilevanti costi, in ragione della necessità di riparazione e sostituzione dei componenti soggetti ad usura.

La Corte ha ritenuto di mantenere fermo tale principio pur a fronte degli interventi legislativi, quali l'approvazione del nuovo codice della strada (D.Lgs. n. 285/1992) e l’art. 63 della L. n. 342/2000 (in materia di tasse automobilistiche per particolari categorie di veicoli), che hanno riconosciuto l'appartenenza dell'auto storiche alla categoria di veicoli con caratteristiche atipiche. Tali disposizioni, infatti, attuano tale classificazione a fini diversi da quelli fiscali ed in ogni caso tale diversificazione non vale ad escludere le auto storiche dalla categoria generale dell'autovetture il cui possesso è previsto dalle disposizioni tributarie quale indice di capacità contributiva.

La Corte, perciò, ha riformato la sentenza di secondo grado in modo sfavorevole al contribuente.

Avv. Mattia Tacchini
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