LegalNews: Ristoratori: obbligo di indicare nel menù i cibi surgelati

La Sezione Terza Penale della Cassazione con la recente sentenza n. 34783/2017 è tornata ad esaminare il tema delle conseguenze penali della mancata indicazione nel menù, da parte di un ristoratore, dell’impiego di cibi surgelati.

  
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Come noto, accade sovente di trovare – nel menù di un ristorante – l’indicazione della circostanza che alcuni dei cibi somministrati possono essere surgelati; tale dicitura rappresenta pressoché una costante nelle liste dei ristoranti nostrani e, ovviamente, costituisce l’adempimento di un basilare dovere di trasparenza verso gli avventori da parte di colui che gestisce il ristorante. Ma la mancata indicazione della circostanza che possono venire somministrati anche cibi surgelati comporta conseguenze di natura penale? La pronuncia in esame ci dà lo spunto per affrontare brevemente il tema.

L’art. 515 c.p. (Frode nell’esercizio del commercio) prevede che “Chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065”; in tale fattispecie di reato viene fatto rientrare dalla giurisprudenza anche il caso in esame.

I fatti sottoposti all’esame della Suprema Corte sono piuttosto semplici: da un controllo della competente Autorità in un noto ristorante milanese, nel quale non si trovavano avventori al momento della verifica, emergeva che le provviste detenute nel locale erano tutte surgelate; nel menù, però, non era indicata la circostanza che gli alimenti alla base dei piatti serviti potessero essere surgelati.

Sia in primo che in secondo grado il gestore del ristorante veniva condannato per aver integrato il reato di cui all’art. 515 c.p., sotto forma di tentativo: più nel dettaglio, in secondo grado riportava la condanna – con pena sospesa – a € 200,00 di multa. Il ristoratore ricorreva perciò per cassazione, ritenendo che l’assenza di avventori nel locale escludesse la configurabilità del reato, anche sotto forma di tentativo.

La Suprema Corte sul punto ha puntualizzato invece che ai fini della configurazione del reato di frode in commercio non è necessaria la concreta contrattazione con un avventore: il reato infatti, nella forma tentata, è integrato in presenza di detenzione all'interno di un esercizio per la ristorazione di alimenti surgelati destinati alla somministrazione, senza che nella lista delle vivande sia indicata tale qualità. Nel caso in esame, peraltro, erano completamente assenti alimenti freschi, essendo congelata la totalità delle provviste.

La Corte, perciò, ha confermato la condanna.

Avv. Mattia Tacchini
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