Centro di aiuto alla vita verbanese sta con l'infermiera di Voghera

Il "Centro di aiuto alla vita verbanese" desidera manifestare la propria ammirazione e il proprio sostegno all'infermiera del Pronto Soccorso di Voghera, costretta alle dimissioni.

  
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Ricordiamo i fatti: due ragazze si sono presentate al Pronto Soccorso dell'Ospedale di Voghera chiedendo la "pillola del giorno dopo"; l'infermiera addetta al triage – che doveva classificare l'urgenza del caso con i quattro "colori" (rosso, giallo, verde e bianco) - ha colloquiato con loro invitandole a non proseguire.

Il comportamento dell'infermiera ha ricordato a tutti molte verità "scomode":

1. Il Pronto Soccorso deve "prestare cure immediate al paziente in gravi condizioni" e "fornire prestazioni urgenti che non possono essere erogate da altri operatori (medici di base, ambulatori ecc.)" e che "il Pronto Soccorso non garantisce prestazioni richieste come urgenza differibile (bollino verde)".
La prescrizione medica della "pillola del giorno dopo" non era nemmeno da "bollino verde"! Non era affatto urgente, visto che il preparato deve essere assunto entro 72 ore dal rapporto sessuale. L'infermiera ha garantito il buon funzionamento dell'ospedale e evitato un dispendio di denaro pubblico!

2. La pillola del giorno dopo somministrata dopo un rapporto sessuale agisce principalmente impedendo l'annidamento dell'embrione e provocando quindi un cripto-aborto. Norlevo infatti non è solo un contraccettivo, ma anche un antinidatorio e perciò un abortivo, nonostante l’Aifa , con un provvedimento tanto più illegittimo perchè non suffragato da prove scientifiche o cliniche, abbia concesso la scorsa primavera alla casa produttrice Hra Fharma di cancellare dal foglietto illustrativo l’affermazione che tale preparato può impedire l’impianto dell’ovocita fecondato. Un'infermiera "ignorante" che non conosce la differenza tra contraccettivi e farmaci abortivi? Lo dice chi si fida ciecamente delle manovre delle case farmaceutiche, che hanno cercato di far credere che questo effetto – da tutti noto – non vi sia più: ma ogni professionista sanitario è chiamato all'attenzione e all'approfondimento delle questioni che affronta.

3. L'embrione, dal primo stadio di ovulo fecondato, è una vita umana che deve essere difesa, sempre!

4. Le persone che chiedono un intervento sanitario hanno diritto ad essere informate: e l'infermiera ha adempiuto a questo obbligo fondamentale, avvisando le due giovani che il preparato avrebbe potuto avere effetti abortivi.

5. I professionisti sanitari (medici, farmacisti e infermieri) non sono operatori "a comando", ma devono agire con professionalità e nel rispetto della deontologia. Quale imbarazzo devono avere provocato le parole dell'infermiera, che ricordava a tutti che esiste un Codice deontologico che le impone di "rispettare la vita" (art. 3), di agire "secondo principi di equità e giustizia" (art. 4), di "rispettare i diritti fondamentali dell'uomo e i principi etici della professione" (art. 5) e di impegnarsi "a trovare la soluzione attraverso il dialogo" in caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche (art. 8)!

Ravvisiamo nel comportamento di questa infermiera quell’apertura alla vita e all’accoglienza che dovrebbe connotare, quale convincimento profondo e inderogabile, l’impegno di qualsivoglia operatore sanitario, ma che spesso un malinteso senso di rispetto per l’autodeterminazione dell’altro e talvolta anche il timore di incorrere nell’accusa di indebita ingerenza offuscano e frenano.

Ricordiamo che persino la legge 194/78, che regolamenta l’aborto volontario, prevede, almeno nella lettera, una preferenza per la vita e demanda al personale sanitario il compito di aiutare la donna a scongiurare l’aborto.

Per il Centro di aiuto alla vita verbanese
Il Presidente
Laura Cristofari
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