Unione Industriali: dazi e tensioni geopolitiche alimentano sfiducia

Unione Industriale VCO ha di recente condotto la consueta indagine congiunturale tra le sue aziende associate, per raccogliere i dati utili a delineare le previsioni per il terzo trimestre 2025: ne è emerso che le imprese risentono del clima di incertezza economica e dell’instabilità geopolitica.

  
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Dall’analisi si nota come i timori degli imprenditori siano rivolti alle conseguenze che i conflitti in Medio Oriente e il perdurare della guerra in Ucraina stanno avendo sui prezzi di energia e materie prime e logistica. Oltre il 35% degli intervistati si attende aumenti dei costi in questi tre ambiti.
Ulteriore motivo di preoccupazione è rappresentato dalle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, a causa della delicata questione dei dazi: tale prospettiva sta creando ulteriori motivi di incertezza e interruzioni lungo la catena di fornitura dei beni, cui si va ad aggiungere una svalutazione del dollaro.
In questo scenario, le previsioni per produzione, ordinativi e occupazione sono riviste al ribasso.

Per la produzione, solo il 13,5% delle aziende prevede aumenti rispetto al trimestre precedente, contro il 32,4% che invece dichiara che vi sarà una diminuzione. Tendenza simile per quanto concerne gli ordinativi, il cui saldo ottimisti/pessimisti segna un -20%. Leggermente migliore il dato scorporato sugli ordinativi esteri, il cui saldo segna comunque una diminuzione dell’8%.

Riguardo ai dati sull’occupazione, oltre l’80% delle imprese prevede una stabilità, e la differenza tra coloro che si attendono aumenti e quelli che si aspettano esuberi segna un -8%.
Rimane confortante anche il dato sull’utilizzo della cassa integrazione, cui l’83% delle imprese associate non sta ricorrendo. Sempre in relazione alla tematica dell’occupazione, si segnala che 1/5 delle aziende intervistate percepisce difficoltà da parte dei dipendenti a reperire o a mantenere soluzioni abitative adeguate.

Il neoeletto Presidente di Unione Industriale VCO, Fausto Milanesi, ha commentato così il risultato dell’indagine congiunturale:
“Il momento non è dei migliori, i conflitti internazionali in essere e la “spada di Damocle” dei dazi USA verso l’Unione Europea contribuiscono a mantenere un clima di incertezza. Comprendo bene i timori degli imprenditori e le preoccupazioni loro derivanti dalla situazione contingente. Tuttavia, vedo degli spiragli, soprattutto per quanto concerne gli scambi con gli Stati Uniti: spero che l’Unione Europea riesca a trovare un accordo con l’amministrazione Trump entro il 1° agosto, evitando l’applicazione di livelli tariffari al 30%, che sarebbero superiori alle attese. Vedremo nelle trattative in essere se questo incremento rappresenta solo una tattica commerciale da parte del presidente americano. Quanto ai conflitti in corso, la speranza che si raggiungano accordi di pace o, quantomeno, un allentamento delle tensioni, è sempre viva in tutti noi.

Ci attende comunque un autunno impegnativo e le probabili difficoltà che ci si presenteranno richiederanno impegno e, ancora una volta, capacità di adattamento da parte delle nostre aziende: su questo però, so che esse dimostreranno ancora una volta di sapercela fare!”

A livello regionale, le imprese piemontesi restano fiduciose sull’andamento positivo di occupazione e servizi, ma frena la manifattura, con aspettative in calo per produzione e ordini.

“Il nostro tessuto economico sempre più differenziato, si conferma un’altra volta il principale elemento di stabilità e crescita. Se infatti permangono vocazioni storiche come la mobilità, il Piemonte del 2025 raccoglie con successo le principali sfide connesse alla transizione ambientale e tecnologica. E non è facile farlo in uno scenario dove il futuro economico sembra disegnato da chi guarda negli specchietti retrovisori, piuttosto che alle sfide future. E non va sottovalutata la perdurante riduzione della redditività, legata certo all’incertezza ma anche a norme che continuano a penalizzare chi fa impresa, con un cuneo fiscale che resta tra i più elevati, generando un costo del lavoro che corrode il potere d’acquisto. Su questo come Confindustria dobbiamo continuare ad impegnarci, perché alla fine così si indebolisce il mercato interno e quindi la ricchezza del Paese” commenta Andrea Amalberto, Presidente di Confindustria Piemonte.
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