Zacchera: "Da Fiumicino agli Agoni"

Riportiamo dalla newsletter Il Punto di Marco Zacchera, la parte riguardante il divieto della pesca all'Agone nel lago Maggiore parte italiana.

  
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Solo nel nostro paese può crearsi un caso così emblematico e pazzo.

Tre mesi fa ricorderete che, nottetempo, un incendio danneggiò uno dei 3 terminal dell’aeroporto, un’area appena costruita con materiali evidentemente non ignifughi e pericolosi per la salute.

Riparati i danni in pochi giorni e riaperto il terminal l’ASL di Civitavecchia dopo un mese fece chiudere tutto dovendo stabilire se l’area fosse assimilabile o meno a un “impianto industriale”. Se l’aeroporto lo è allora le percentuali di diossina dell’aria vanno benissimo, se non lo è bisogna smantellare tutto. Nell’incertezza tutto è sequestrato.

Da tre mesi ogni giorno centinaia di volo sono cancellati, migliaia di passeggeri furenti perdono coincidenze, tempo e bagagli, il maggior aeroporto del paese è in crisi nel pieno della stagione turistica e siamo tuttora ad aspettare che qualcuno dica all’ASL di Civitavecchia e all’ARPA del Lazio cosa si debba fare.

Non mi stupisco perché questi problemi sono all’ordine del giorno e ne abbiamo tuttora un caso sul LAGO MAGGIORE che, lo ricordo, è parte in Italia e in parte svizzero.

Nel 1996 (!) si riscontrò una abnorme presenza di DDT nelle carni dei pesci dovuto ad un inquinamento dagli anni ’50 proveniente dallo stabilimento Enichem di Pieve Vergonte. L’allora ministro dell’ambiente Ronchi (dei Verdi) bloccò da un giorno all’altro la pesca distruggendo l’intera categoria dei pescatori professionisti e l’immagine turistica del nostro lago. Che il concentramento di DDT fosse infinitesimale non interessò nessuno.

Gli svizzeri si adeguarono agli standard previsti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e presto concessero la riapertura alla pesca sulla parte di lago di loro competenza. Quasi 20 anni dopo – tuttora trastullandoci sulle responsabilità e competenze tra regioni diverse, Unione Europea e stato centrale – è tuttora vietata la pesca degli agoni nella parte italiana dove si applicano parametri OTTANTA VOLTE più restrittivi rispetto a quelli svizzeri.

O sono criminali le autorità sanitarie elvetiche o quelle italiane applicano criteri ridicoli, fatto sta che DOPO 20 ANNI ancora non si è riusciti a stabilire quale sia la normativa corretta.

Gli agoni ringraziano per non essere pescati, anche se non sanno i rischi che corrono quando attraversano il confine, ma intanto si è alterato l’equilibrio biologico del lago, come in un giardino dove – quando non si taglia l’erba – presto arriva la boscaglia.
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