Aziende: 280 chiusure settimana, Verbania nella top ten

Complessivamente, nell'ultima settimana in Italia hanno alzato bandiera bianca 280 aziende. Il che significa 40 al giorno o, se si preferisce, 1,7 all'ora.

  
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Dal sito: ilsole24ore.com

Insomma, è come se ogni ora - sabati e domeniche comprese - almeno un'azienda fosse nella situazione di chiudere i battenti con un'altra che ha ben più di un piede nella fossa.

Qualunque sia la simulazione utilizzata dal punto di vista temporale, il risultato della prima settimana di conteggi effettuati con il «contatore della crisi» realizzato dal Cerved per Il Sole 24 Ore, che ne pubblicherà i risultati ogni giorno, porta in un'unica direzione, confermata anche dal dato medio giornaliero: 34 istanze nel 2012 e 40 in questa prima parte dell'anno. Quindi, numeri in progressione, ma anche in accelerazione visto che dal 2008 in poi le istanze di fallimento giornaliere sono salite da 20 a 26 (nel 2009) e, successivamente, a 31 (2011).

Da oggi Il Sole 24 Ore riprenderà, sulla base dei dati Cerved, il computo per questa settimana in cui gli occhi saranno sempre più puntati sul mondo politico e istituzionale. L'attesa per la formazione di un Governo ha assunto contorni quasi da punto di non ritorno. E c'è da convertire – e da tradurre in pratica – il decreto che sblocca i pagamenti della Pa alle imprese, su cui Confindustria sarà ascoltata domani dalla Commissione speciale della Camera.

I soldi che le aziende attendono (da troppo tempo) dallo Stato sono una variabile non indifferente, forse decisiva, per il futuro di molte realtà produttive, soprattutto dell'edilizia e del mondo che ruota attorno alla Sanità. E fa scattare un campanello d'allarme il fatto che in questa prima parte dell'anno ci siano stati finora 4.386 imprenditori che hanno smesso di sperare nel futuro delle proprie aziende.

Di certo, questi risultati numerici invitano a fare i conti con il crescendo di una crisi penetrata in profondità nella provincia italiana. Sono gli stessi dati a evidenziarlo. Pordenone, Teramo, Ancona sono le tre province messe peggio quanto a ferite lasciate dai fallimenti nel lungo periodo, e quindi fra il 2009 e il 2013. Per misurare questa incidenza il Cerved ha rilevato il rapporto fra le istanze di fallimento e il numero di società di capitale con bilancio valido e attivo patrimoniale. Insomma, niente microimprese e scatole vuote nel computo.

Ebbene, colpisce che nella top ten delle province con più alta incidenza di fallimenti – di cui fanno parte anche, nell'ordine, Vibo Valentia, Verbania, Mantova, Rovigo, Catanzaro, Crotone e Udine, in un range compreso fra 5,5 e 4,2% – non ci sia neanche un'area metropolitana.

Riguardo ai settori, guardando all'andamento dal 2009, primo anno del post Lehman Brothers in cui la crisi ha mostrato il suo volto peggiore, non ce n'è uno nel quale i numeri siano quelli di 5 anni fa. Nel 2008 le istanze di fallimento riguardanti aziende dell'industria furono 1.660, contro le 1.604 delle costruzioni, le 50 dell'agricoltura, le 3.559 dei servizi. Oggi le costruzioni hanno superato l'industria (le aziende che si sono arrese sono state 2.856 contro le 2.812 dell'industria). Anche i default nei servizi sono saliti del 70% e sono addirittura raddoppiati (anche se parliamo di numeri molto più piccoli) per l'agricoltura.
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