LegalNews: Clausole c.d. vessatorie e sottoscrizione in blocco

L’orientamento della Corte di Cassazione, da ultimo con la sentenza n. 24193/2014, è pacifico in merito alla sottoscrizione in blocco delle condizioni generali di contratto e, in particolare, delle clausole c.d. vessatorie.

  
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Nella vita di tutti i giorni, sia nell’attività professionale che nell’ambito della vita privata, è sicuramente capitato a chiunque di sottoscrivere un contratto che richiama delle condizioni generali: queste ultime, infatti, sono uno strumento utilizzato da tutte le imprese che stipulano un numero molto elevato di contratti e hanno, perciò, la necessità di standardizzarli. In questi casi, perciò, il contratto vero e proprio che viene stipulato ha una lunghezza molto ridotta e si limita (ad es.) a prevedere l’identificazione delle parti, il corrispettivo pattuito, eventuali termini per adempiere e il richiamo alle condizioni generali di contratto predisposte dal soggetto contrattualmente “forte”, ossia quella impresa che stipula un numero molto elevato di contratti.

Sotto il profilo materiale, le condizioni generali di contratto si presentano come un documento separato rispetto al contratto, che contiene un numero generalmente piuttosto elevato di condizioni contrattuali, tipicamente riportate con un carattere piuttosto piccolo; esse vengono però richiamate nel contratto stipulato, nel il quale il soggetto che non le ha predisposte dichiara di conoscerle.

Le condizioni generali di contratto, come previsto dall’art. 1341 co. I c.c., sono efficaci solo se conosciute dal contraente c.d. “debole” oppure facilmente conoscibili dallo stesso, perché reperibili nella filiale della società stipulante, sul suo sito internet, ecc.: esse contengono una puntuale e organica disciplina del rapporto contrattuale e, come sopra accennato, vengono applicate a tutti i contratti stipulati dalla società che le ha predisposte.

Tra le condizioni generali di contratto generalmente l’impresa predisponente inserisce anche clausole che potenzialmente potrebbero essere particolarmente pregiudizievoli per l’altro contraente, che non le ha predisposte e che generalmente non ha una preparazione giuridica sufficiente a permettergli di comprendere la portata di tali disposizioni. Si pensi (come previsto dall’art. 1341 co. II c.c.) alle condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria.
Le clausole sopra riportate, con una denominazione che peraltro crea molta confusione con la normativa in tema di consumatori (distinta rispetto alla normativa in esame, che invece si applica in tutti i casi in cui una delle parti del contratto predispone unilateralmente le condizioni generali di contratto e l’altra, anche un imprenditore o un professionista, può solo scegliere se accettarle in blocco o meno), vengono generalmente definite “vessatorie”; in realtà, sarebbe più corretto definirle clausole “onerose”, ossia clausole che possono pregiudicare gli interessi e/o la posizione del soggetto che non le ha predisposte.

Data la potenziale lesività di queste clausole, il Legislatore ha previsto che esse debbano venire espressamente sottoscritte dal soggetto che non le ha predisposte: in tal modo, si vuole richiamare l’attenzione della parte debole del contratto, mettendola nella condizione di attribuire la giusta attenzione a tali condizioni contrattuali. Si consideri che l’elencazione contenuta dall’art. 1341 co. II c.c. delle clausole onerose ha carattere tassativo: nessun'altra condizione contrattuale, infatti, richiede la espressa sottoscrizione. Nella pratica, quest’ultima viene operata mediante un richiamo sotto forma di elenco, in calce la contratto, delle clausole che richiedono la espressa sottoscrizione, che viene apposta sotto l’elenco di tali condizioni contrattuali dalla parte debole.

Nella pratica, però, capita piuttosto frequentemente di vedere nei contratti che richiamano delle condizioni generali di contratto un richiamo indiscriminato a tutte queste le condizioni in esse contenute, con l’effetto che in tal modo la parte debole del contratto non è posta in grado di attribuire la giusta rilevanza alle clausole c.d. onerose, in quanto richiamate insieme ad altre che non rientrano nella elencazione tassativa sopra esposta. Operando in tal modo, sembra quasi che il soggetto che predispone il contratto intenda tutelarsi dal rischio connesso alla eventuale mancata sottoscrizione di una clausola onerosa: la sua inefficacia.

In realtà, però, l’orientamento pacifico della Suprema Corte sancisce che la specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie deve essere separata ed autonoma rispetto a quella delle altre, perché solo in questo modo viene adeguatamente richiamata l'attenzione del contraente debole. Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata delle stesse, sia pure apposta sotto la loro elencazione secondo il numero d'ordine, non determina la validità ed efficacia, ai sensi dell'art. 1341 co. II c.c., di quelle onerose, non potendosi ritenere che in tal caso sia garantita l'attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra quelle richiamate.

Avv. Mattia Tacchini
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