LegalNews: Indagini investigative sul lavoratore: quando sono ammissibili?

Con la sentenza n. 9749/2016 la Suprema Corte ha esaminato il tema dell’ammissibilità delle attività investigative da parte di agenzie incaricate dal datore di lavoro di accertare eventuali condotte del lavoratore idonee a minare il rapporto di fiducia.

  
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Il caso sottoposto alla Corte è il seguente: un lavoratore usufruiva di permessi previsti dalla L. n. 104/1992 (che riconosce ai portatori di handicap ed ai loro familiari i permessi necessari per assistere il disabile) per accudire la suocera disabile; nel corso dei mesi, però, l’interessato veniva in più occasioni individuato dall’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro di effettuare verifiche mentre coltivava un proprio fondo invece di assistere il familiare in occasione dei menzionati permessi.

Il datore di lavoro, perciò, licenziava il lavoratore per aver tenuto una condotta che aveva irrimediabilmente leso la fiducia che deve necessariamente intercorrere nel rapporto di lavoro. Il lavoratore impugnava il licenziamento con ricorso formulando – tra le altre motivazioni addotte – i seguenti rilievi.

In primo luogo, affermava che l’attività investigativa svolta dall’agenzia incaricata dal datore di lavoro avrebbe violato l’art. 2 della L. n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori), in quanto tale vigilanza non era svolta da guardie giurate e non era tesa alla tutela del patrimonio aziendale, come invece richiesto da tali disposizioni; al contrario, il lavoratore riteneva che essa fosse tesa a vigilare sulla sua attività lavorativa, in violazione dell’art. 3 della L. n. 300/1970, il quale richiede che siano espressamente indicati i nominativi di coloro che, tra il personale, svolgono la detta mansione.

In secondo luogo, le indagini menzionate avrebbero violato l’art. 4 della L. n. 300/1970, in quanto assimilabili a strumenti audiovisivi di vigilanza non necessari per ragioni organizzative o produttive, per la sicurezza del lavoro oppure per la tutela del patrimonio aziendale, come richiesto dalla norma da ultimo menzionata, bensì esclusivamente impiegati per un controllo del lavoratore.

Il ricorso del lavoratore veniva rigettato sia in primo che in secondo grado: ricorreva perciò per cassazione. La Suprema Corte sul punto, rigettando definitivamente il ricorso, è partita dalla premessa che la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi (quindi per scopi di tutela del patrimonio aziendale e di vigilanza dell'attività lavorativa) non preclude all'imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti (come un'agenzia investigativa) diversi dalla guardie particolari giurate per la tutela del patrimonio aziendale. Inoltre, lo Statuto dei lavoratori non impedisce al datore di lavoro di controllare l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica (ossia proprio personale).

Al contrario, la Corte ha ammesso che il controllo delle guardie particolari giurate, o di un'agenzia investigativa (quindi soggetti esterni all’organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro), in nessun caso può riguardare l’attività lavorativa del lavoratore, in quanto gli accertamenti su quest’ultima sono sottratti alla suddetta vigilanza. Le guardie particolari giurate e le agenzie investigative, invece, come correttamente rilevato dalla Cassazione possono essere incaricate dal datore di lavoro di vigilare sugli atti illeciti del lavoratore che non siano riconducibili al mero inadempimento delle obbligazioni strettamente derivanti dal rapporto lavorativo: a ciò consegue che un’agenzia di vigilanza ben può essere incaricata dal datore di lavoro di vigilare sull’attività concretamente svolta dal lavoratore durante la fruizione dei permessi previsti dalla L. n. 104/1992, quando vi sia almeno il sospetto che il lavoratore – in spregio alla normativa citata – impieghi il tempo derivante da tali permessi per scopi ad essi estranei.

Avv. Mattia Tacchini
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