LibriNews: “Solo una decrescita felice potrà salvarci" l'intervista

Per la rubrica a cura di Zest Letteratura Sostenibile, un progetto culturale dell’Associazione We feel Green, oggi, eccezionalmente visto il riscontro della settimana scorsa, proponiamo l'intervista a Maurizio Pallante e Alessandro Pertosa, autori di "Solo una decrescita felice (selettiva e programmata) può salvarci", Lindau 2017

  
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Il movimento per la decrescita felice quest’anno compie 10 anni di vita. È un periodo di tempo sufficiente per trarre dei bilanci. Quali delle vostre proposte, in particolare, sono state recepite a livello istituzionale e hanno inciso su atteggiamenti e stili di vita?

Per rispondere alla domanda è necessario distinguere preventivamente l’ambito istituzionale da quello relativo agli stili di vita quotidiani. Se consideriamo, infatti, il solo livello istituzionale dobbiamo ammettere che nessuna delle nostre proposte è stata mai presa minimamente in considerazione dalle forze politiche, dalle associazioni di categoria o dalla classe dirigente. E in un certo senso oggi ci troviamo a pagare il conto di scelte sconsiderate, dirette in una direzione opposta rispetto a quella che indichiamo da anni, nell’indifferenza pressoché generale della politica e delle istituzioni. Un discorso diverso va fatto, invece, per ciò che concerne gli stili di vita. Perché la proposta di una decrescita felice ha avuto certamente un riscontro sia nel campo delle tecnologie volte a ridurre gli sprechi, sia nell’ambito dell’autoproduzione dei beni, che ha in un certo qual modo consentito a molte persone di liberare risorse, in termini di tempo e di denaro, da dedicare alla vita, alla famiglia, al desiderio di felicità e di bellezza.

La pubblicazione del libro edito da Lindau Solo una decrescita felice (selettiva e governata) può salvarci individua e analizza il tentativo di fuorviare il messaggio autentico legato alla «decrescita felice». Volontà che si appropria di parole e concetti e li deforma a proprio piacimento. Ci potete fare qualche esempio?

L’esempio classico e più immediato è certamente quello relativo all’inganno linguistico per cui decrescita e recessione sarebbero sinonimi. Siamo ormai purtroppo abituati a sentirci ripetere che dal 2008, ovvero da quando è esplosa la crisi nella forma più drammatica, noi ci troveremmo in una condizione di decrescita infelice. Lo ripetono giornalisti, economisti o presunti tali, intellettuali di vari estrazione e i politici. Pochi mesi fa, alla Camera dei Deputati, l’ex presidente del consiglio Matteo Renzi disse che i sostenitori della decrescita avrebbero dovuto farsi vedere da uno psichiatra bravo, perché quando l’economia non cresce non si può in alcun modo essere felici. Il punto però è che né Renzi, né chi sostiene la sinonimicità di decrescita e recessione è in grado di capire che una società della crescita che non cresce è in recessione, non in decrescita. La decrescita, infatti, come spieghiamo da anni e ribadiamo nel nostro libro Solo una decrescita felice (selettiva e governata) può salvarci, non qualifica una mera diminuzione della produzione, ma corrisponde alla riduzione selettiva di tutte quelle merci che non sono beni, e che anzi sono nocive. Si pensi ad esempio al cibo che si butta o all’energia che sprechiamo: merci, queste, acquistate coi soldi guadagnati lavorando; merci che contribuiscono certo a far crescere il p.i.l, ma al contempo incrementano l’inquinamento atmosferico, velocizzano il processo distruttivo della natura e, cosa ben più grave, non hanno alcuna finalità pratica. E il perché è presto detto: non servono a nulla in quanto non soddisfano alcun bisogno.

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