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Verbania documenti: "La nascita di Verbania"

Riceviamo e pubblichiamo, una nota di Verbania documenti, in vista del convegno del 3 marzo 2018: "La nascita di Verbania".

Verbania
Verbania documenti: "La nascita di Verbania"
E’ convinzione diffusa che Verbania sia nata dalla volontà del Duce, che, con tratto di penna, la istituì. D’imperio, dal nulla. Non fu così.

Fu un processo lungo, con un percorso accidentato scaturito da inneschi culturali, prima che politici.
La nascita ufficiale nel 1939 fu anticipata dall’Atto di fusione del 2/9/1938, deliberato dal Podestà di Intra con adesione del Prefetto di Novara; Verbania aveva allora 22.863 abitanti, di cui circa 9.000 operai.

La “Sera” di Milano, ricordava giustamente che già dal 1874 si era pensato di creare una “Nizza del Verbano” (Nizza era il simbolo di una notevole città rinomata per la bellezza a livello internazionale).

Già alla fine dell’800 si ravvisava la necessità di avere servizi comuni tra Intra e Pallanza (come un solo teatro e un solo ospedale), infrastrutture come la tramvia Intra-Omegna o la Ferrovia Intra-Premeno, un nuovo ponte sul S. Bernardino, il collegamento ferroviario Locarno-Pallanza, i diritti della pesca, oltre all’” industria del forastiero”, concentrata a Pallanza e Suna, che esigeva la crescita del prestigio topografico.

Inoltre, le industrie manifatturiere, per lo più concentrate ad Intra, necessitavano di nuovi spazi con la conseguente circolazione di operai e mezzi. Così, si stava già configurando l’embrione della futura città.

Il nome.
La testimonianza del primo utilizzo è riportata dalla stampa locale nel 1942 e cita una gita di quattro giovani esteti, nel settembre del 1907.
Passeggiando dalla Castagnola a S. Bernardino, uno di loro, Giulio Carotti, avrebbe esclamato “Guardate, amici cari, la nostra cara Verbania!”.
Ma, Gian Pietro Ceretti, facente parte della comitiva, ha l’impressione che il nome sia suo, fino a difendere la sua paternità anche di fronte al fatto che il Regime Fascista aveva messo il cappello sull’idea. Egli, infatti, gia’ nel 1922 aveva fondato a Milano un “Verbania Club”, per raccogliere i proto-verbanesi di Milano e discorrere di arte, di cultura e della città.
Altri giornali locali, però, furono contrari, come la Voce e l’Avvenire. Addirittura c’era chi la voleva chiamare Cadorna.

Continue botta e risposta.
Importante, inoltre, il ruolo di Antonio Massara, il professore di origine novarese, che nel 1909 fondava il Museo del Paesaggio ed iniziava la pubblicazione della rivista Verbania; nel novembre 1910. Egli, in sostanza, riconosceva che “vitali necessità materiali, per il supremo bene della nazione” fossero il fondamento della scelta e non il solo ideale locale, nel quadro di una maggiore presenza della nuova città nel contesto italiano, e la rivista contribuì grandemente per la diffusione culturale e l’accettazione della scelta del nome e della fusione cittadina.
Lo scrittore Fogazzaro così si esprimeva: “il sol dolce nome, Verbania, mi rinnova nel cuore visioni incantevoli del lago, ricordi, desiri, che ti confondono insieme in un saluto augurale della rivista”.
Nel 1920, L’Aurora, periodico socialista novarese, scrive: ”si parla di Verbania, ma la borghesia non ha saputo ancora fare il tram Intra-Pallanza...e non saprà darci un nuovo grande comune; l’idea sarà tradotta in atto dal proletariato socialista”.
La risposta viene dal solito Gian Pietro Ceretti, che dalla Gazzetta, attribuisce tutto il merito della proposta di Verbania al ceto borghese.
La Gazzetta, propose un sondaggio di opinioni alle personalità più in vista e il risultato fu complessivamente favorevole: gli anziani scettici od ostili, i giovani entusiasti. I tecnici dissero che fosse praticabile. Lettere e telegrammi di consenso pervenivano. Era un periodo felice della vita cittadina, con buona produzione industriale e tante imposte pagate a livello nazionale.
L’Aurora incalzava “la soluzione del problema Verbania non poteva non essere politico” Il neo eletto sindaco socialista di Intra Battista Maglioni affermava: ”Verbania la faremo noi proletari, quando le amministrazioni di Intra, Pallanza, Suna e Trobaso saranno nostre. Verbania è già nella realtà delle cose. Lo stesso sviluppo dell’economia industriale e commerciale porta a superare i confini comunali anacronistici, in una zona che è tutta un'unità economica”.

Il ruolo del fascismo
Il discorso su Verbania, entrò in una nuova fase più tardi quando il regime fascista pensò al riordino degli enti locali, nel 1923.
Il tenace G.P. Ceretti argomenta per dare vita alla Capitale del Verbano e il Belloni, Presidente del Consiglio Provinciale di Novara e dirigente del Partito Nazionale Fascista indice un convegno per il 20/01/1924 (poi rinviato) sul tema “Verbania, per far nascere bene Verbania”, viste le residue resistenze che ancora si registravano.
Il Regime si rendeva conto che dalla nuova aggregazione avrebbe avuto un consenso, derivante da una potenziata presenza della nuova città a livello nazionale.

Come si è visto, il processo di aggregazione ideale, culturale per la nascita dell’idea Verbania si protrasse per almeno un trentennio, prima del Regio Decreto del 1939.

(Notizie tratte da Verbania,città nuova dalla storia antica , di Mario Bertolo e Sprazzi di luce su Verbania di A.Ottolini-P.G. Scalabrino.
Si ringrazia la Biblioteca comunale, sezione Verbania&Dintorni)

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