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PsicoNews: Psicologia dell’anziano malato

Nel lavoro con l’anziano spesso mi ritrovo di fronte a situazioni di arrendevolezza nei confronti delle malattie (non necessariamente patologie gravi), che aggravano lo stato della patologia, creando sofferenza e profonda frustrazione in coloro che la vivono (anziano malato, familiare e chi si prende cura).

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PsicoNews: Psicologia dell’anziano malato
La grande differenza tra il vissuto di malattia nell’anziano e nelle altre età della vita è rappresentata dalla ineludibilità e intrinsecità al soggetto stesso; l’anziano ammalato spesso si rassegna, rinuncia a priori alla guarigione, poiché considera la malattia un fatto strettamente legato all’età.

A causa dei forti pregiudizi, vissuti e creduti dall’anziano, spesso la modalità di cura è una modalità di delega (tramite l’assunzione di farmaci, che arrivano ad essere tesaurizzati e a cui viene delegata completamente la soluzione di tutti i mali, oppure rifiutati perché tanto sono anziano, quindi per me non c’è guarigione; è il caso specifico del dolore, che spesso l’anziano non riferisce poiché convinto che sia una parte ineludibile dell’invecchiamento fisiologico), raramente si assiste al tentativo di rendere l’anziano responsabile e partecipante attivo alla propria cura, solo negli ultimi anni, con la grande sfida posta dalle malattie croniche, si è assistito al tentativo di svolgere dell’educazione terapeutica, che vada ad incentivare stili di vita più sani.

Altro elemento da tenere in forte considerazione è la precarietà vissuta dall’anziano; chi si è ammalato conosce bene la sensazione di frustrazione dovuta, oltre che alla perdita di energia, anche alla perdita del proprio corpo, che non risponde per come siamo abituati; fortunatamente, in molte situazioni, lo stato di malattia, con tutte le sue insicurezze, è uno stato transitorio, che con la guarigione arriva al recupero del proprio funzionamento. Nell’età anziana, non c’è la percezione della temporaneità dello stato di malattia, ma si vivono le stesse sensazioni come conferma della condizione anziana, ossia un corpo che cambia avvicinandosi sempre più ad un decadimento.

Tutto ciò porta la persona a vivere sentimenti di insicurezza, bassa autostima, ansia, depressione. Generalmente quando si prova frustrazione i meccanismi di difesa più utilizzati sono l’infantilizzazione e l’attività fantastica, altri però sono costantemente presenti: la fuga dalla realtà, la negazione, la razionalizzazione, la sublimazione, la rimozione e l’aggressività, solo per citarne alcuni.
Cosa fare? Tutti possiamo provare a contrastare i pregiudizi legati all’età anziana, poichè dannosi e limitanti. La generalizzazione raramente ha uno scopo, dotato di un senso, quindi perché invece rispetto all’età anagrafica dovrebbe essere accettata e accettabile?

Una trattazione a latere merita il grande tema delle demenze. Spesso la persona affetta da demenza sembra essere in ottima salute, si muove, fa molto durante la giornata (a volte anche durante la nottata), questa caratteristica particolare porta il familiare, che sa bene quanto invece il malato sia dipendente da lui per la quasi totalità (in alcuni casi per ogni) delle necessità quotidiane, ad utilizzare dei meccanismi di difesa per farcela; la fuga dalla realtà, la delega, il rifiuto ecc.; compito è quello di aiutare loro, i familiari, a recuperare un ruolo, caratterizzato dalla consapevolezza, nei confronti della malattia, tramite il supporto e il sostegno.
Buona settimana

Mara Rongo
Fonte:
“Curare l’anziano”, di D. Cucinotta, ed. Sorbona, Milano, 2006.



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