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LegalNews: Locazione commerciale di immobile senza agibilità: è valida?

La Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 9558 del 13.04.2017 ha esaminato la questione della validità di un contratto di locazione commerciale di un immobile privo del certificato di agibilità, quando tale problematica sia stata resa nota al conduttore ed egli l’abbia espressamente accettata.

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LegalNews: Locazione commerciale di immobile senza agibilità: è valida?
Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte è il seguente: una società cooperativa stipulava un contratto di locazione commerciale con un privato avente ad oggetto un immobile sottoposto a vincolo archeologico che risultava privo del certificato di agibilità: tale condizione era stata resa nota al conduttore, il quale ne aveva presso atto sottoscrivendo espressamente una apposita clausola contrattuale.

In essa: veniva specificamente dato atto della non conformità dell'immobile alla normativa urbanistica e catastale; il conduttore dichiarava di "ben conoscere la situazione urbanistica, catastale ed amministrativa dell'immobile" ed assumeva ogni rischio in ordine all'ottenimento di qualsiasi autorizzazione amministrativa necessario all'esercizio della attività commerciale "con esonero di ogni responsabilità del locatore"; non veniva fornita alcuna specifica garanzia da parte del locatore relativamente alla effettiva destinazione dell'immobile locato all'uso commerciale che intendeva farne il conduttore.

Nel contratto era prevista anche una ulteriore clausola contrattuale che clausola contrattuale che addossava al conduttore le spese per i lavori di ristrutturazione ed adattamento necessari a rendere funzionale l'immobile all'attività che intendeva svolgere.

Il conduttore, però, durante la vigenza del contratto interrompeva il pagamento dei canoni di locazione: il locatore agiva perciò in giudizio per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento e la condanna del convenuto al pagamento di quanto non versato. Il primo e in secondo grado venivano accolte le domande giudiziali del locatore; il convenuto, ritenendo invece che la locazione fosse nulla per impossibilità dell’oggetto oppure per mancanza della causa del contratto, in quanto l’immobile non aveva la destinazione pattuita, ricorreva perciò per cassazione.

La Suprema Corte, investita della questione, rimanendo nel solco del proprio orientamento ha premesso che il carattere "abusivo" di una costruzione può costituire fonte della responsabilità dell'autore nei confronti dello Stato, ma non comporta la invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati: si tratta infatti di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme, con la conseguenza che la non conformità alla normativa edilizia incide sulla qualità del bene immobile, ma non sulla eseguibilità della prestazione del locatore, che ha ad oggetto la concessione del pieno e continuato godimento del bene al conduttore.

La Cassazione, inoltre, ha sottolineato che se il locatore ha assunto l’obbligazione di garantire il godimento dell'immobile in funzione della specifica destinazione prevista e concordata nel contratto (in tal caso occorre una specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione che la locazione è stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento della idoneità dell'immobile da parte del conduttore), l'impedimento all'esercizio dell’attività svolta dal conduttore per difetto di rilascio del provvedimento di conformità urbanistica denota l’inadempimento del locatore rispetto alla propria obbligazione di garantire al conduttore il godimento del bene come previsto nel contratto.

La Corte ha, al contrario, affermato che se la situazione urbanistica, pur se di ostacolo all'ottenimento delle autorizzazioni o licenze relative all'esercizio della attività commerciale da svolgere nell'immobile locato, era nota ed è stata consapevolmente accettata dal conduttore, non può essere riconosciuta alcuna responsabilità contrattuale in capo locatore per la impossibilità di utilizzazione dell'immobile a causa della successiva mancata concessione della destinazione d’uso.

Basandosi su tali rilievi e valorizzando le clausole - sopra descritte - contenute nel contratto, espressamente sottoscritte dal conduttore, la Cassazione ha rigettato il ricorso.

Avv. Mattia Tacchini
www.novastudia.com



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