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Premio Beato Contardo Ferrini vince Berard

La 5° edizione del Premio Premio Beato Contardo Ferrini - Città di Verbania, va a Alessandro Berard con "Aleksandrovich".

Verbania
Premio Beato Contardo Ferrini vince Berard
Aleksandrovich. Storia di un’adozione, di Alessandro Berard (ArabAFenice, Boves, Cuneo, 2013), che davvero segue e “romanza” con un ritmo perfetto, secco, sincopato e ritmico come un cuore pulsante, spesso vagamente tachicardico, tutte le alterne vicende di un’adozione, dalla burocrazia spesso triste, tetra, insormontabile, fino alla dolcissima felicità del raggiungimento: “Mikhail in Siberia, Lorenzo all’arrivo in aeroporto in Italia e per l’ospedale italiano, Lorenzo Mikhail per sempre. Da crisalide a farfalla.”... Più e più volte sinceramente commovente, ma anche risolto con grande controllo stilistico, una brevitas incalzante eppure amabile...

Al secondo posto
L’ultima volta - Salvatore Maiorana - Edizioni Tracce
Salvatore Maiorana, studioso di neuroscienze (in particolare di Glottodidattica fra teatro, empatia e emotività), con L’ultima volta (Edizioni Tracce, Pescara, 2013) trasporta il suo lettore in un romanzo che è verità ed insieme è fiction: dove insomma la veridicità della trama, dello scenario, della drammaticità e insieme della fuga sentimentale, danno materia e incendiano il pathos di una vicenda tutta ambientata in un Afghanistan lacerato e sconvolto… Shane, Shamira, Atash, Fereshteh, Shamira… sono protagonisti di vicende che entrano nei nostri telegiornali purtroppo quasi ogni giorno – ma ci entrano spogliate, deprivate della forte carica di sogni, speranze, dissidi, innamoramenti che esse contengono. E che qui vengono come recuperate, con la complessità e ricchezza universale dell’animo umano, quando prende le parole della politica e della retorica, della solidarietà recitata, arringata, e si sforza semplicemente di metterle in pratica: “Kabul, Herat e tante città dell’Afghanistan sono cosparse di mine anti-uomo, di bombe. Noi abbiamo bisogno invece di ospedali, di scuole, di università per i giovani. Nessuno può regalarci la libertà. la libertà è un bene che deve essere conquistato, un seme che cresce e dà frutti solo quando viene piantato e innaffiato dalle lacrime e dal sangue del popolo.”…

Al terzo posto
Tiemmeo Quel fragile confine tra rassegnazione e speranza - Pino Greco - LiberEdizioni
Pino Greco, Tiemmeo, sottotitolo “Quel fragile confine tra rassegnazione e speranza” (liberedizioni, Brescia, 2013), ci porge il racconto in prima persona – cioè la testimonianza diretta – di un preside in pensione abruzzese, quasi settantenne, trapiantato da anni a San Felice del Benaco, nel bresciano, che nel 2005 ha scoperto di essere malato di leucemia… Dunque da 8 anni Greco segue tutti i protocolli di cura dei reparti di Ematologia e Trapianto Midollo Osseo degli Spedali Civili di Brescia, ma soprattutto racconta qui il “crogiulo d’umana varietà” e il “porto franco dei sentimenti” che ha incontrato ed incontra ogni giorno – nel bene e nel male – alle prese con la sua difficile cura e malattia… “Già, perché di lì a poco sarebbero entrate loro. Le infermiere. Gli angeli del risveglio. Venivano per ripristinare il candore dei letti e per spazzare le scorie di pensieri tetri.”


Al quarto posto
Dignità di donna Storia di una moglie che nonostante tutto amava - Vittoria Colacino Diletto - D’Ettoris Editore
Dignità di donna, di Vittoria Colacino Diletto (“Storia di una moglie che nonostante tutto amava”, D’Ettoris Editori, Crotone, 2013), cerca con grande semplicità e immediatezza di raccontare il dramma privato, la dignità schiacciata ma insuperabile della moglie d’un capomafia, che per amore dei figli e della famiglia finge di non vedere… Fino al giorno in cui tutto si spezza, tutto si perde – ma anche tutto la rianima! Scrittura semplice, quasi elementare, eppure sono molti i meriti, il “civismo” psicologico, la struggente lezione antropologico-culturale di questo libro scritto e immaginato da una giornalista e scrittrice calabrese di Cutro (CZ), molto attenta al ruolo e al destino della Donna, specie nelle situazioni più insidiose e intollerabili, come le sudditanze insieme familiari e mafiose…

Al quinto posto
Padri Una piccola, grande famiglia milanese attraversa il Novecento - Marco Pogliani - Mondadori
Padri, di Marco Pogliani, è “Una piccola, grande famiglia milanese”, recita il sottotitolo, che “attraversa il Novecento” (Mondadori, Milano, 2013)… Libro avvincente, secco e insieme sinuoso, orchestrato d’ombre e ferito di fessure e tagli di luce, come una grande stanza piena d’intimità e di destino, quando alziamo, apriamo le serrande, arrotoliamo le saracinesche, al mattino, per riaccompagnarci e riassaporare il nuovo giorno… Abbiamo detto libro, ma potevamo anche dire film – tanto le scene via via avvicendate, ricordate, prendono la consistenza e la profondità, la plasticità di romanzo visivo, film snocciolato, e che anzi da spettatori quasi ci vorrebbe partecipi, lì presenti tra gli anni e i decenni, il Tempo Perduto che sempre è anche Ritrovato – ma adesso con i tempi puri e contorti del cuore, la memoria collettiva dell’Epoca (e l’inconscio collettivo, avrebbe aggiunto Jung), non solo con i retaggi, i tempi e gli scorci de-scritti d’un pur bel romanzo assieme storico e intimista… Milanese del ’57, tanti anni all’IBM, poi all’Olivetti, Mondadori, Enel… Pogliani si è sempre occupato di aziende e della loro voglia e capacità di comunicare. Oggi si racconta perché rintraccia le radici tutte che lo accendono – come un grande circuito elettrico (o circo d’anima?) – e mutatis mutandis sono le stesse di tutti: “Ero. Stavo. Esistevo. Partecipavo della Realtà. La Realtà mi lasciava entrare nel suo mistero. La Realtà mi si rivelava senza dir niente di sé. Viaggiavo senza muovermi. Contemplavo senza capire. Amavo senza sentire. Eppure era tutto autentico. In una coscienza nuova del mio essere. Del mio essere al mondo.” Da tanto tempo non leggevamo un libro così umile e fiero di esserlo (cfr. lo splendido passaggio della lettera del padre, a pag. 220): “Ti prego quindi di esercitare l’umiltà di sempre.”


Segnalazioni speciali

Due segnalazioni particolari per due testi particolari, più o meno fuori tema (l’inno bibliofilo di Kerbaker) o comunque dispersi in un frammentarsi lucido e fervido di domande e risposte (il “diario di bordo” di Centofanti, che è sacerdote, cioè ministro di Dio – e con un’attenzione particolare al mondo degli umili, talvolta dei negletti)…

- Dunque, un elogio va riservato ad un testo assai gustoso ma quasi didattico, comunque didascalico, come Lo scaffale infinito del bibliofilo (bibliomane?) “reoconfesso” Andrea Kerbaker, “Storia di uomini pazzi per i libri” (Ponte alle Grazie - Salani Editore, Milano, 2013) – da Petrarca a Monaldo Leopardi, da Borges a Umberto Eco, la Biblioteca di Babele resta sempre irraggiungibile, ma ognuno la vorrebbe raggiungere – o meglio: incarnare…

- Anche Fabrizio Centofanti, con Salva l’Anima (Effatà Editrice, Cantalupa, Torino, 2013), ci dona un continuo, inesausto investigare: ma questa volta, all’unìsono, il pubblico mare del sociale e la propria intima, introiettata coscienza di operatore di Fede… Ecco il suo diario, insieme intellettuale ed esistenziale, di sacerdote diocesiano, a Roma dal 1996: un sacerdote letterato (autore di bei saggi su Rebora e Calvino), alle prese con le persone, le notizie, le riflessioni piccole o grandi, meritate e incontrate durante un intero anno di approccio e contatto (dal carcere di Rebibbia ai campi nomadi) con i più umili e bisognosi: “Vuoi scrivere un romanzo teologico, ma ti viene sempre da pensare alla baracca di Dragan, alle corse di Lela e di Liubìsa, alla faccia imbronciata di Christian e allo sguardo fiero di Visnia e di Roberto; vedi le lacrime di Antonio, che cerca di afferrare la mano della madre morta per convincerla ad attraversare, senti le urla di Bojidar nel cortile, i lamenti sconnessi e allucinati con cui Zaccaria chiede i soldi per Assisi, dove lo aspetta, dice, la nonna. Ti viene il dubbio che la teologia sia questa, che Dio si spieghi solo attraverso gli occhi strabici di Savin, la barba ispida di Mario, rosso per l’alcol e la disperazione…”.



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