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Presentazione Agorà

Socrate sosteneva l’idea che l’uomo è veramente uomo solo in mezzo agli altri uomini: situazione virtuosa in cui ognuno è libero di manifestarsi attraverso lo spazio aperto del dialogo.

Omegna
Presentazione Agorà
L’interazione, nello specifico il dialogo con l’altro, era per Socrate la condizione imprescindibile dell’autentica esistenza umana.

La vita politica degli uomini, indicata da Aristotele bios politikos (βίος πολιτικός), risulta fondata su due fattori peculiari e determinanti la condizione umana: praxis (πρᾶξις) e lexis (λέξις), ovvero l’azione e il discorso, ritenuti dal pensiero greco elementi particolari del progresso umano rispetto al mondo animale, in cui esiste l’aggregazione, ma non esiste la capacità specifica di argomentare ed esprimere i propri pensieri attraverso le parole.

La polis greca, per tale motivo, era lo spazio in cui le decisioni comuni avvenivano per mezzo delle parole, attraverso i discorsi opportuni senza l’uso della forza o della violenza. Chi si trovava fuori da questo spazio politico, schiavo, o barbaro, era considerato aneu logou (ἄνευ λόγου), cioè senza parola, privato non di una facoltà, ma escluso da una condizione di vita in cui solo il discorso aveva senso, come testimonianza della realizzazione completa dell’uomo e del cittadino.

In epoca di pandemia, di lockdown, di confinamento e isolamento sociale, abbiamo vissuto la condizione privante dell’aneu logou. Un nemico invisibile, ancora adesso, ci costringe a usare inespressivi bavagli. Abbiamo scoperto, nel contempo, una nuova prassi collettiva, inimmaginabile fino a qualche tempo fa, abbiamo elevato a regola l’interazione a distanza. La tecnologia virtuale ha colmato un incolmabile vuoto fisico, che ha fatto sentire presto il suo peso attraverso la pulsione di ritornare a essere comunità reale capace di azione e discorso: assiomi fondamentali che in tutte le culture e in tutte le civiltà hanno sempre rappresentato la cifra del vero esistere umano.

Nell’isolamento sociale abbiamo anche ri-scoperto una dimensione che i greci reputavano realmente naturale rispetto all’organizzazione politica, abbiamo ritrovato ciò che nell’antichità era indicato col termine oikia (οἰκία), ossia la casa, intesa come famiglia e considerata la primaria aggregazione di individui.

Abbiamo scoperto, contestualmente, che al restringersi dello spazio, vissuto all’interno delle mura domestiche, il tempo si è dilatato ed è apparso in una nuova dimensione, una sorta di compensazione dello spazio perduto, che ci ha fatto vivere una condizione appartenente ormai a civiltà perdute, civiltà soppiantate dalla frenetica restrizione moderna del tempo vissuto. È sorto, in altra luce, un tempo con una diversa qualità, più naturale, più umana. Si è manifestato un tempo in cui è stato possibile riflettere, osservare, aiutare; un tempo in cui è stato possibile pensare alle nostre vite, nel bene e nel male ci siamo confrontati con le nostre coscienze, abbiamo valutato le nostre possibilità, abbiamo sentito il peso dei nostri limiti. In questo tempo ci siamo chiesti, con più attenzione e responsabilità, cosa sarà del nostro futuro.

La crisi dell’umanità, aperta dalla pandemia, ci ha risucchiato in un vortice di incertezze, ci ha condotto in un labirinto disincantato e ha svelato che la nostra smisurata fiducia nella scienza è in realtà un colosso dai piedi d’argilla; ma nello stesso tempo la crisi ci ha posto di fronte a delle scelte e ha manifestato la nostra capacità di reagire, rivelando la speranza in un futuro più responsabile attraverso una vita più solidale. Per tutte queste ragioni è necessario mantenere questo barlume di speranza e ripartire dal futuro.

Adesso è arrivato il tempo di recuperare lo spazio fisico del dialogo, è necessario recuperare lo spazio della vita pubblica attraverso praxis e lexis. È necessario recuperare lo spazio specifico dell’agorà senza lasciare che il tempo scoperto in isolamento sia trascorso invano.

Adesso è il momento di pensare a ciò che non è stato fatto in passato e realizzarlo nel futuro, è tempo di cogliere il kairos (καιρός), ossia afferrare l’opportunità del tempo attuale e ri-pensare il futuro.

È giunto il tempo di un nuovo confronto di idee, il tempo di nuove riflessioni, il tempo di nuovi pensieri espressi liberamente nei dibattiti pubblici delle piazze.

Un nuovo tempo opportuno, da dedicare al dialogo e al confronto delle idee, si trova nello spazio pubblico offerto dalla rassegna culturale Agorà, il festival del pensiero giunto alla sua terza edizione che si svolgerà a settembre, nei giorni 11-12-13, nella città di Omegna.

Agorà nasce da un’idea dell’assessora alla cultura del Comune di Omegna Sara Rubinelli e si avvale della collaborazione della Società Filosofica Italiana sez VCO e dell’Associazione Psicologi del VCO.

Il tema di questa edizione sarà dedicato a: “Il tempo futuro”, argomento sviluppato attraverso gli interventi di docenti universitari, antropologi, psicologi e filosofi che tratteranno la questione del futuro delle donne, il futuro delle nuove generazioni, il futuro dell’umanità, il futuro della cultura, dell’ambiente e dell’etica post pandemia.

È tempo di ripartire dalla cultura, è tempo di confrontarsi con gli intellettuali, relazionarsi attraverso le parole e i discorsi opportuni nello spazio pubblico.

È tempo di ritornare a essere attori e riappropriarsi della parola, discutendo e argomentando in mezzo agli altri nel libero confronto pubblico.

Il filosofo Giulio Giorello, anch’egli vittima della pandemia, affermava che: “La sfida attuale della filosofia è essere un elemento di contatto, di conoscenza, anche di stimolo polemico, tra culture, civiltà ed esperienze”.
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