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Verbania documenti: "La S.I.L.V.A.F."

Riceviamo e pubblichiamo, la terza scheda di Verbania documenti, relativa al convegno del 3 marzo 2018 dal titolo: "La S.I.L.V.A.F.".

Verbania
Verbania documenti: "La S.I.L.V.A.F."
La ditta (della famiglia Allevi) era in attività a Milano come soffieria in vetro per laboratorio; nel 1940, a causa del rischio dei bombardamenti sulla città, si trasferisce a Pallanza all’inizio di viale S. Anna e assorbe la vicina vetreria Garbari (il proprietario aveva sposato Paola, una delle sorelle Allevi).

L’anno successivo viene acquisito il terreno di viale S. Anna 77 (dove ora esiste L’Hobbysta), per costruirvi un capannone industriale; nel 1944 muore Achille Allevi e si costituisce la S.I.V.A.F.. Il 23 dicembre 1952 a Milano Lorenzo, Carla e Giannina Allevi trasformano la società in S.I.L.V.A.F. (Società industriale lavorazione vetro apparecchiature farmaceutiche), con 2 fabbriche. Si producono a Milano in via Ampere 57 vetrerie per laboratorio, a Verbania fialette in vetro; capitale versato 1 milione di lire. Il 19 maggio 1957 la sede legale si sposta a Verbania ed entra in società Cesare Contini, marito di Giannina Allevi; capitale versato 21 milioni.

Nel 1977 entrano in società il figlio Edoardo Contini e il genero Loriano Balossi e il capitale versato sale a 42 milioni di lire; nel novembre 1988 (dopo un periodo di Cassa integrazione) viene dichiarato il fallimento. Già nella relazione del CdA sul bilancio al 31 dicembre 1953 si dice testualmente: "....conclude il primo esercizio sociale, assorbito in parte dal lavoro non breve nè facile di organizzazione e di sistemazione degli impianti.

Lo svolgimento della nostra attività, se pur ritardata da tale lavoro, ha raggiunto ben presto un discreto ritmo di normalità e ci ha permesso di acquisire una buona clientela e una regolarità di produzione. Purtroppo il settore nel quale operiamo è gravato da una accanita concorrenza di lavoratori artigiani che, per il sistema loro proprio di lavoro, fruiscono di economie di costi non realizzabili da chi, come noi, produce su scala industriale. Comunque il risultato del bilancio si compendia su utile netto di L. 587.197".

Negli anni ’80 questa situazione viene aggravata dai costi fluttuanti per l’acquisto dei tubi in vetro e dalla sempre maggiore produzione concorrenziale di fiale e flaconi in plastica, due fattori che portano alla chiusura...... (Documenti dell'Archio di stato e testimonianza di Edoardo Contini) La fabbrica di viale S. Anna occupava una ventina di persone, quasi tutte donne; i pochi uomini (oltre ai familiari) erano adibiti all’officina o al magazzino o alla funzione di capiturno in produzione.

Ci racconta un’operaia, Rosanna Folli “Sono stata assunta nel 1961 a soli 14 anni e, infatti, mi chiamavano Piccinina. Nel 1966 mi licenziano a causa di una riduzione delle commesse. Vengo riassunta nel settembre 1969 e rimango fino al 1987, quando inizia la cassa integrazione. I nostri clienti principali erano la Carlo Erba, la Grasso e alcune aziende di cosmetica. L’ambiente era un po’ rustico, ma dignitoso; eravamo trattate con rispetto, ma il signor Cesare voleva che lavorassimo in silenzio.

A causa dell’utilizzo di fiamme libere per lavorare il vetro, in inverno si stava bene, ma in estate il caldo era notevole e gli aspiratori facevano quello che potevano. Nel turno di 8 ore era compresa una mezz’ora di mensa (nello spogliatoio); dovevamo portare il pasto da casa, ma qualche volta riuscivamo a cuocere della pasta in reparto, di nascosto. Lavoravamo su 7 macchine rotonde con 42 mandrini, che alimentavamo continuamente con tubi di vetro, e su altre 4 macchinette, che dividevano le punte dalle fiale.

Durante l’ultima gestione erano state istallate delle nuove macchine, che compivano il ciclo completo delle operazioni. I rapporti tra di noi erano buoni, ma non ricordo che avessimo mai organizzato qualche iniziativa extralavoro insieme o che avessimo fatto una foto di gruppo. Solo con alcune poche colleghe avevo un costante rapporto di amicizia, mantenuto anche dopo la chiusura”.

Funzionario dei chimici Cgil da pochi mesi, negli anni '70 inizio a sindacalizzare diverse picccole aziende; "scopro così" la Silvaf di viale S. Anna. Chiedo di poter spiegare in un'assemblea dei lavoratori il nuovo contratto nazionale del vetro e mi trovo nel locale spogliatoio davanti a un gruppo di donne e "scopro pure" che un paio di loro sono mie amiche d'infanzia. Mi ascoltano volentieri, attente e in silenzio; molte si iscrivono e allora dopo qualche mese ritorno per un'altra assemblea.

Ancora una volta, piacere di sentirmi, ascolto silenzioso, ma nessun intervento se non per qualche piccolo chiarimento sul contratto. L'esperienza si ripete con lo stesso schema: nessuna opposizione dalla azienda, partecipazione più che buona, sorrisi e saluti, ma nulla di fatto. Il contratto era rispettato, ma il salario era proprio al minimo previsto e l'ambiente "era caldo". Eppure nessuna richiesta veniva avanzata di concreto. Strana esperienza, dopo gli anni bollenti della Rhodia!!!!............

(Ricordi di Lo Duca Bruno- Cgil Verbania)



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